Gestalt

Qualcosa in più...

Secondo Perls la nevrosi e' dovuta a un accumulo di bisogni non soddisfatti o, come lui affermava, di Gestalt incompiute.

Dove affonda le radici la psicoterapia della Gestalt?

La psicoterapia della Gestalt è profondamente radicata nella tradizione filosofica. Principalmente ha tratto i suoi tesori da: 

  • fenomenologia: lo sguardo sulla realtà così come essa si presenta, al di là di ogni giudizio (epoché);
  • esistenzialismo: il confronto io-tu, l'essere nel mondo, il processo di contatto-ritiro l'assunzione di responsabilità come essere-nel-mondo.
  •  zen: il qui e ora, la realtà così com'è.
  • olismo, teoria del campo (Lewin). 

Gli inizi

Perls fu allievo di Freud.

La sua pratica di psicoterapeuta nacque nell'ambito della psicanalisi. Due minuti dopo aveva già capito che ciò che conta, nella vita, non è la libido ma l'ad-gressività. Parola generalmente vista male perché la si associa a qualcosa come assalire, fare del male, deriva dal latino "ad-gredi" che significa "andare verso". In psicoterapia della Gestalt l'aggressività è vista come una forza positiva legata all'energia dell'andare verso la vita, del "mordere" la realtà per farla propria.

Perls aveva provato, a suo tempo, a dirlo a Freud ma si era sentito chiedere a che ora sarebbe ripartito il suo aereo. Comunque sia, incomprensioni a parte, anche Freud è fra i nonni della Gestalt. Il primo. A lui siamo debitori di concetti che la Gestalt ha mantenuto, nel suo percorso di crescita, come quelli che ha chiamato, anziché "resistenze", accadimenti di frontiera.  

La teoria del sè

In psicologia, come in filosofia, e in altre dimensioni del sapere, il tema del Sè è particolarmente esplorato. Nella psicoterapia della Gestalt il sè è inteso come un processo e non come qualcosa di fisso, per questo si scrive con l'iniziale minuscola.

Un autore, Goodman lo definisce come il processo permanente di adattamento creativo all'ambiente interiore ed esteriore.

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Gli accadimenti di frontiera

Bello questo concetto, personalmente l'ho trovato liberatorio. Quei nostri meccanismi profondi che altrove sono conosciuti con il termine di "resistenza",  a evocare un conflitto, un opporsi a qualcosa, nella Gestalt diventano un evento che accade al confine tra me e l'altro. L'accento non è più sulla mia difficoltà; in figura c'è l'unico comportamento possibile in questo qui e ora. L'accento è su me che compio un'azione non su me che mi oppongo, che non ce la faccio. I nomi con cui sono conosciuti.

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L'esperienza in Gestalt

Secondo la psicoterapia della Gestalt, diversamente da ciò che si teorizza in altre scuole, l'esperienza non viene dopo la conoscenza, ma la precede. Ciò significa che quello che accade da bambini vale per tutte le età: prima sperimentiamo, poi immagazziniamo e cataloghiamo, insomma troviamo unposto nella nostra mente a ciò che abbiamo conosciuto con la pratica. Costruiamo così il nostro adattamento creativo all'ambiente

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Il ciclo di contatto

Siamo nella vita.  Viviamo perché riusciamo a soddisfare i nostri bisogni rispondendo, più o meno adeguatamente alle richieste che il nostro corpo ci invia attraverso i suoi segnali. Il cosiddetto "ciclo di contatto" descrive le tappe della soddisfazione del bisogno. Può sembrare a tutta prima la scoperta dell'acqua calda, almeno questa era stata la mia prima e davvero tanto superficiale e presuntuosa   impressione. In realtà esso è un efficace strumento terapeutico  e diagnostico, anche di auto-diagnosi. Non è questo lo spazio adeguato per una trattazione sufficiente e vi rimando alle diverse letture che potrete reperire sull'argomento.

Attraverso la lettura dello schema che descrive il nostro approccio a ciò che ci è necessario, per la psiche o per il corpo e il conseguente soddisfacimento possiamo leggere il nostro modo di stare nella realtà e più precisamente, nel contatto che stabiliamo con essa.  Sono cinque i momenti del ciclo: la sensazione, l'azione, la soddisfazione del bisogno, la fine del contatto, il ritiro-riposo.  

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“Se siamo cari a noi stessi, veglieremo solleciti su di noi giorno e notte”.
Dhammapada

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